Pere: l’Italia ne produrrà meno rispetto a un’annata normale.

La media produttiva del periodo 2015-2018 è stata di circa 730mila tonnellate, mentre nel 2020 si prevedono 500mila-550mila tonnellate.

La causa del calo è ascrivibile ai danni da freddo primaverili e alla malattia Alternaria per un prodotto di punta dell’Emilia Romagna.

La superficie coltivata a pero in regione è scesa, in 15 anni, da 23.000 a 17.000 ettari.

Fino a pochi anni fa, il produttore agricolo aveva il compito, abbastanza generico, di produrre molto in risposta a una domanda che era ancora superiore all’offerta.
All’inizio degli anni 90, l’agricoltore si è trovato a dovere immettere sul mercato produzioni quantitativamente inferiori e di qualità maggiore.
Alcuni anni fa sui mercati la qualità veniva definita e percepita come freschezza e bontà del prodotto.
Il concetto di qualità si è poi arricchito di aspetti che in passato avevano un’importanza relativa: la velocità e la puntualità del sistema logistico, la comunicazione relativa ai sistemi agronomici con i quali è stata prodotta quella frutta, la valorizzazione e l’evidenza delle caratteristiche salutistiche e nutrizionali
di quel prodotto.
Si è assistito a una trasformazione epocale, per esempio nell’uso degli imballaggi, che ogni anno diventano sempre più piccoli, maneggevoli e leggeri.
In realtà, bisogna ricordare che ci si rivolge a un consumatore che non ha più fame.
Oggi si produce e vende un alimento a chi non lotta più con il problema della fame (almeno in buona parte del mondo occidentale).
Iridium perla
Rosso su pero
Giallo su pero