Ai blocchi di partenza anche quest’anno la campagna di raccolta dei kiwi, che vede la Calabria come prima regione pronta a partire.
A rendere il percorso difficile, sia in termini produttivi che sul piano commerciale, ci sono i concorrenti di sempre, Grecia e Spagna, a cui si aggiunge il Portogallo.
Sembra, invece, in netta diminuzione l’offerta francese.
Le previsioni di produzione vedono in Europa una produzione stimata in circa 707 mila tonnellate, il 6% in più sullo scarso 2019.
E’ quanto emerge dal 39° incontro IKO (International Kiwifruit Organization), in un primo momento organizzato in Nuova Zelanda, poi tenutosi in videoconferenza.
Ha rappresentato, comunque, una buona opportunità di scambio e confronto sulla coltura del kiwi.
Hanno partecipato le delegazioni di Nuova Zelanda, Cile, Italia, Grecia, Spagna, Portogallo, Francia.
Il prodotto italiano può generalmente vantare sulla tenuta e sulla qualità (forma e colore), standards che ci si augura riuscire a mantenere alti.
Originario della Cina meridionale, dove si coltiva da circa 700 anni, questo frutto era considerato una prelibatezza dagli imperatori cinesi.
Dalla fine del Novecento, poi, si è largamente diffuso anche in Europa, tanto che oggi è presente sulla maggior parte delle nostre tavole.
L’incertezza climatica che si prospetta e la stagione eccessivamente calda appena trascorsa, aggiungono timori all’imminente campagna commerciale.
Importante aspetto da dover tenere sotto controllo è la possibilità di mantenere un prezzo contenuto, essendo diminuita globalmente la capacità di spesa del consumatore finale.
I rivenditori dovranno necessariamente trovare il giusto punto di equilibrio, proponendo un prodotto di qualità senza un costo eccessivo.
Tante le incognite, dunque, e tante le variabili da tenere sotto controllo.
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